Descriversi: fosse facile!

Trovo complicato descrivermi, non sono autoreferenziale io. Mi piace di più quando sono gli altri a dirmi chi sono. Forse perché sono schiva. Una schiva buffoncella. Ma integra e inflessibile quando si tratta del rispetto tra esseri umani, della fiducia, dell'attenzione a non ferire l'altro. O forse mi risulta difficile descrivermi perché descriversi vuol dire bluffare, e io sono abituata a dire la verità. Ho l'ossessione per la verità. Anzi, per la Verità con l'iniziale maiuscola. Mi sono battuta tutta la vita per la Verità. La Verità di ognuno di noi, tuttavia, giace nel profondo, come uno scrigno prezioso custodito in un luogo di luce. Ed è lì che dobbiamo andare a cercarla. Non è un'operazione immediata. Servono raccoglimento e silenzio.

Quindi, datemi un attimo. Aspettate. Fatemi raccogliere in me. Fatemi chiudere gli occhi, rallentare il respiro, raccogliere le idee. Le idee saranno le mie immagini, le immagini della mia vita. Perché 'idea' ha la stessa radice di εἶδον, l'aoristo del verbo greco ὁράω, 'vedere' – lo spiego nelle prime pillole di Audioscrivere – e le immagini che mi stanno passando per la mente ora, mentre scivolo sognante con le dita su questa piccola tastiera di pc, queste immagini STANNO PER DIRMI CHI SONO.

È un momento sacro. Mi appare la mia vita.

Nasco in Puglia ma solo per caso, ed eredito da mia madre l'amore per i libri. Sin da ragazzina provo cose strane che non riesco a spiegare. Tutto mi soffoca e mi sta stretto, ma allo stesso tempo ho bisogno di qualcosa a cui appartenere. Giro l'Italia per via del lavoro di mio padre e a ogni casa in cui ci trasferiamo mi aggrappo un po' e lì cerco un po' del mio senso. La casa l'ho sempre cercata.

Ad Ancona, per esempio, lascio un pezzo di cuore. Non mi sento a mio agio nella mia pelle e così cerco tracce di me tra le pagine dei libri. Soprattutto quelli esistenzialisti e femministi, perché mi ritrovo nelle donne che lottano, che vogliono liberarsi. Cerco qualcosa ma non so cosa. Leggere ad alta voce i libri mi aiuta. Dostoevskij, Kafka, Proust, Joyce, ognuno mi restituisce un pezzo di me. Voglio stare da sola, anche se a volte fa male. Però in mezzo agli altri mi sento a disagio e mi annoio. Simone de Beauvoir ha evidenziato questo assurdo destino dello scrittore che da una parte ha bisogno di comunicare col pubblico di lettori perché i lettori gli dicono chi è, dall'altra deve trascenderli per potersi esprimere liberamente senza attaccarsi a nulla e a nessuno. Un'antitesi lacerante. L'antitesi tra comunicazione ed espressione. Ve la spiegherò. Una dicotomia straziante e straniante. Tornando a me, ero troppo vicina alle cose, troppo sentire a fior di pelle.

Per tutta la vita cercherò la giusta distanza. Anelo a una distanza dalle cose e dalle persone che mi faccia sentire tutto senza farmi male. Comprendo da subito che mi esprimo a fatica, che la voce non esce e resta strozzata in gola, e quando esce trema, e che al suo posto il cuore scudiscia in petto e l'intestino duole. Vogliono parlare. Il corpo parla per me. A un certo punto, a Roma, perdo un lavoro da giornalista in un'emittente televisiva locale perché scoppia Tangentopoli e ci mettono tutti fuori. Ancora non so da che parte andare. Sono confusa. Ho trent'anni e mi sono trasferita in Puglia. Divento avvocato, mi sposo, faccio due figli, divorzio. Tranne l'immensità e l'inespugnabilità del patrimonio filiale, il resto passa e mi rimette sulla mia strada. Così inizia il mio viaggio di scoperta perché ormai so che mi interessa la vita interiore molto più di quella esteriore.

Faccio tanti lavori su di me, continuo a cercare, seguo la voce del cuore. Studio Hillman, Jung, Gurdjieff, Eckhart Tolle, poi la fisica quantistica con Joe Dispenza, Bruce Lipton, Gregg Braden. Ora sono nell'accademia del maestro Roberto Potocniak. La crescita interiore è fondamentale per me, sento una spinta feroce a indagare l'interno, a capire i meccanismi secondo cui funzioniamo, a diventare padrona di me stessa. Senza risveglio niente consapevolezza, e senza consapevolezza niente scrittura efficace né libertà di vivere la propria vita.

Nel 2010 incontro quel mostro della scrittura poetica contemporanea che è Michelangelo Zizzi e inizio a studiare scrittura, a capire che c'è un metodo, che ci sono delle tecniche che aiutano a esprimersi, e allora mi butto con tutta me stessa, faccio esercizi, scrivo, sono diligente, assorbo tutto, mi metto a scrivere a più non posso e il cuore e l'intestino iniziano a placarsi. Continuo a studiare scrittura, un secondo livello del corso, e poi mi compro tutto lo scibile sull'arte del romanzo in inglese e, mentre me lo traduco lo assorbo e prendo anche tutto quello che riesco a trovare sull'arte della scrittura in italiano e così metto insieme un corso di scrittura che mi piace chiamare 'espressiva', un corso di scrittura espressiva ed esistenzialista, perché per tutto quello ho detto finora a me la scrittura mi ha fatta nascere ed è servita a questo, a darmi il coraggio di superare il terrore panico di esistere.

Nel 2014 pubblico "Portami a casa", un thriller psicologico che si interseca con una storia di incomunicabilità tra una madre e un figlio, perché la famiglia è la prima scuola in cui impariamo a parlare o a non parlare, a dire o a trattenere, e oggi, avendo continuato da allora a sondare le profondità più buie e spaventose del mio interno fino a scorgervi la luce, sento la confidenza col mio interno, la fiducia piena in me stessa, e mi piace pensare che ho sviluppato le competenze per aiutare voi a esprimervi, ad andare nel profondo con coraggio, ad andare a cercare quel bambino che giace rannicchiato al vostro interno, dargli la mano, accompagnarlo in superficie, liberarlo.